La collaborazione tra archeologia e medianità ha generato fin dal passato interessanti intuizioni, favorendo scoperte e spiegazioni. Tra i misteri più indagati c’è sicuramente quello delle Piramidi, il cui fascino ha richiamato l’attenzione di molti ricercatori, tanto dal punto di vista delle modalità costruttive, quanto nei significati che le stesse potevano avere o rappresentare. Il mistero ha sempre aleggiato intorno a queste grandi realtà che hanno richiamato milioni di visitatori, che hanno considerato la piana di Giza con le sue Piramidi e la Sfinge, una delle sette meraviglie del mondo.
Una domanda echeggia da sempre intorno alla loro realizzazione: come potevano civiltà così arretrate tecnicamente, che solo a pochi anni prima non conoscevano neanche la ruota, costruire monumenti così maestosi e impegnativi? E poi, un’altra domanda ancor più insidiosa: a quale scopo sono state costruite?
Spiegazioni storico-sociologiche, che non convincono
Le spiegazioni semplici hanno scarso valore: c’erano tanti schiavi e bastava far lavorare una moltitudine per riuscire nell’intento e la cultura dei Faraoni di prepararsi una dimora di alto rango per il passaggio da questa vita ad un’altra, dato che tutta la loro religione era orientata in questo senso. Effettivamente l’Egitto era allora popolato di tante persone dominate dal potere assoluto del Faraone e la cultura religiosa era quasi più impostata sulla morte e sul passaggio che non sulla vita, come se il destino dell’esistenza per gli eletti, come il Faraone, fosse orientata verso la vita dopo la vita. Tanto è vero che si pianificava tutto prima per tempo e con accompagnamento di ricchezze e simboli che dovevano accompagnare nel viaggio.
Il corpo del Faraone veniva mummificato per permettere al morto di conservare per lungo tempo la vita nell’aldilà e mantenere un contatto con il suo popolo. Molte teorie sono state elaborate relativamente alle credenze degli Antichi Egizi, talvolta sconfinati nell’idea che la rappresentazione dipendesse da esperienze più antiche dove visitatori extraterrestri arrivavano, ripartivano e poi ritornavano, dando così la stura a idee reincarnazioniste (il viaggio non era la fine, bensì uno stato che consentiva appunto il ritorno). Chiaramente non esistono prove scientifiche che possano sostenere tali teorie, sebbene molti studiosi dell’antichità sostengano l’esistenza di prove della presenza extraterrestre sul nostro pianeta, particolarmente in quei luoghi.
La stessa posizione e orientamento delle Piramidi e della Sfinge possono essere interpretati come indicatori dei progenitori extraterrestri e forse fungere da segnali per eventuali atterraggi. In un contesto di questo genere, infarcito di teorie varie, anche matematiche, che fornirebbero chiavi di lettura del perché sono state costruite in quel modo e non in un altro, esistono comunque alcuni fatti certi.
La Grande Piramide nasconde una torre segreta
Uno dei personaggi che si è distinto nel tentativo di spiegare la costruzione della piramide di Cheope è stato certamente Mario Pincherle (1919-2012, foto a dx, e di fianco la sensitiva Venia con Giorgio Cozzi), scrittore molto prolifico, editore, ricercatore eclettico non solo nel campo dell’archeologia, ma anche dell’esoterismo; egli si dedicò fin dagli anni ’60 agli aspetti oggettivi, cercando una spiegazione possibile sulla costruzione della Grande Piramide.
Secondo le sue ipotesi, non esisteva un faraone di nome Cheope, ma tale nome significava culla del divino: questa sua ipotesi si basa su una personale interpretazione di un passo dalle Storie di Erodoto. Leggendo questi gli scritti, intuì che gli enormi massi di granito presenti nella Camera del Re della Piramide di Cheope (dove c’è il sarcofago ben noto) erano stati fatti salire per mezzo di una slitta, azionata da tronchi di legno bagnati che si allargavano asciugandosi. Infatti, nella salita che porta alla sala del sarcofago, notò la presenza di incavature su cui dovevano essere stati posizionati i tronchi che dovevano spingere la slitta. Quindi non decine di migliaia di schiavi che tiravano i massi di granito, bensì un ingegnoso sistema tecnico che consentiva in tempi più brevi e con numero di mezzi di far arrivare i massi così in alto (per tutta la copertura esterna le spiegazioni abituali erano già accettate). Era proprio necessario fare quella fatica immane? Da dove venivano quei massi, tra l’altro lappati in modo incredibilmente perfetto?
La seconda teoria di Pincherle ebbe il sostegno di Venia, una sensitiva che abbiamo più volte citato in altri articoli, che collaborò con lui, sia confrontandosi sulle idee creative che lui elaborava, sia con le sue conoscenze esoteriche che mise a sua disposizione. Ciò che l’archeologo intuiva o deduceva venne quindi suffragato dalla percezione extrasensoriale di un essere cheaveva dato abbondanti prove di vedere al di là dello spazio-tempo.
Colorando (su una foto?) i massi di granito, Pincherle si accorse che appariva una specie di torre all’interno della struttura. Dunque la Piramide forse non serviva come monumento funerario (tra l’altro è molto diversa dalle altre e da ogni altro preparato per la dipartita del Faraone, come ad esempio Karnak, dove le tombe sono ben nascoste). Che senso aveva costruire una Piramide intorno ad una torre? Evidentemente doveva avere un grande valore e doveva essere prima da qualche altra parte, alla luce del sole. Le ipotesi formulate congiuntamente da Pincherle e da Venia, che sembrava conoscere l’Antico Egitto e che con lui era stata nella sala del sarcofago e presso i vari monumenti egizi, vertevano su Saqqara; lì l’archeologo, salito sulla cima, trovò il segno delle basi che potevano sostenere il peso colossale dei massi di granito della torre.
La sensitiva notò che tra gli oggetti reperibili nei mercatini c’era uno ZED, appunto una torre, talvolta con le braccia e a figura d’uomo, talvolta semplice, mostrando com’era in origine la torre e come la conoscenza fosse diffusa. Accorgendosi che lo ZED talvolta era raffigurato a volte con quattro stanze sopra (camere di compensazione) ed altre con cinque, spiegò che secondo la sua intuizione la quinta stanza rappresentava, come le altre, le ere della civiltà. Dunque l’ultima doveva essere più recente e simbolizzare la venuta del Cristo, che avrebbe aperto un’altra era.
L’esperienza del sarcofago
In seguito a questo organizzammo in sede all’AISM (Associazione Italiana Scientifica di Metapsichica) un viaggio esplorativo in Egitto e per scoprire fisicamente la stanza in più nella Grande Piramide. Gli accordi intrapresi con il Museo del Cairo tuttavia non furono rispettati e noi non avemmo nessuna possibilità di effettuare le esplorazioni previste. Ciò non impedì di fare, estemporaneamente, un tentativo con l’uso delle qualità extrasensoriali di Venia. Con un’induzione ipnotica, la proiettai al di là dei massi di granito dove lei sosteneva esserci altri spazi vuoti, di cui non trovavamo il passaggio. Descrisse ambienti diversi, una stanza antichissima e un’altra modernissima con schermi e possibili sistemi di contatto interstellare ed una sostanza che forse consentiva di entrare in altre dimensioni.
Disturbati dall’arrivo di visitatori (eravamo riusciti a guadagnarci qualche momento per noi) dovetti richiamare la consapevolezza di Venia e concludere l’esperienza. Due mesi dopo una troupe di ricercatori giapponesi scoprì con strumenti tecnologici l’esistenza di uno spazio vuoto all’interno della Grande Piramide e dopo alcuni mesi di discussioni introdusse una telecamera per rilevare cosa c’era e che caratteristiche chimico-fisiche ci fossero nell’epoca della costruzione. Non se ne seppe più nulla e noi rimanemmo con la nostra ipotesi misteriosa, d’accordo con Pincherle: la Grande Piramide è stata costruita per scopi ben diversi da quelli funerari. Lo ZED nascosto tra le sue mura, probabilmente prima residente sulla piramide di Saqqara, aveva lo scopo di una comunicazione con altri mondi o con altre dimensioni e poteva considerarsi un orologio cosmico: tra l’altro le due feritoie nella sala del sarcofago sono orientate verso le stelle, in modo che in un tempo futuro rispetto alla data della costruzione si sarebbe ripresentata la stessa posizione del cielo grazie alla precessione degli equinozi.
Il segreto di Napoleone
Certo non abbiamo prove, se non le tesi di Mario Pincherle di Pincherle sui motivi e sui segreti che la caratterizzano; tuttavia sappiamo che Napoleone disse al suo maggiordomo: «Non posso rivelarti ciò che ho visto accadere all’interno della Piramide, perché nemmeno tu mi crederesti».
Anch’io, come Mario Pincherle, ho provato a sdraiarmi nel sarcofago (che non è più nella posizione originaria) e ho vissuto un’assenza di tempo e di spazio straordinaria (peccato che i visitatori mi abbiano fatto concludere anzitempo questa esperienza!). Tutta la storia del nostro viaggio l’ho riportata anche nel libro in fase di pubblicazione Dimensione Venia. Alcune delle scoperte o spiegazioni di Mario Pincherle sono state frutto di una sinergia speciale tra archeologo e medium, un’integrazione che andrebbe tentata anche in altri casi per comprendere altri misteri.
Per saperne di più
Vedi il sito: http://www.mariopincherle.it/