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Pierangelo Garzia
L’imprevedibile vita del parapsicologo di Pierangelo Garzia

L’imprevedibile vita del parapsicologo di Pierangelo Garzia

La vita di un parapsicologo, nel nostro Paese, è strana e imprevedibile. Come organizza il suo tempo, i suoi impegni, i suoi studi, le sue partecipazioni ai convegni? E quale tipo di notizie è bene che diffonda attraverso i mezzi di informazione che lo interpellano?

Sono interrogativi che nascono da esperienze reali di questi ultimi mesi. Anche se il copione si ripete, senza impor-tanti variazioni, da molti anni a questa parte. La regola è che non ci sono regole. Salvo quella di appellarsi alla propria co-scienza, cercando di bandire le partecipazioni narcisistiche - per quanto possibile -, privilegiando gli impegni che portino realmente qualche tipo di contributo, scientifico o culturale, al prossimo.

Ma non è facile. Non lo è perché il parapsicologo fa una vita intellettualmente solitaria. Salvo qualche raro incontro con altri aderenti di una associazione, le saltuarie telefonate, i ra-rissimi scambi epistolari, la sua vita scorre monotona, se si fa eccezione per le letture in questo campo, e l’indagine di qual-che caso che gli arriva all’attenzione di tanto in tanto. Quando gli giunge una telefonata per partecipare a un convegno, a una tavola rotonda, o per rilasciare un’intervista, è come se arrivasse una ventata di aria fresca, che lo fa uscire dall’isolamento. Ma immediatamente scatta in lui quella che gli psicologi chiamano “dissonanza cognitiva”.

Una parte della sua coscienza lo spinge a prendere parte, quanto più possibile, ad ogni iniziativa in cui venga coinvolto. Prima di tutto per una sana tendenza a condividere le espe-rienze con gli altri, a socializzarle, a incontrare ogni tanto le persone che, sul territorio italiano, si occupano delle sue stesse tematiche. Secondariamente perché a ognuno di noi, chi più chi meno, piace essere al centro dell’attenzione, di tanto in tanto. Quando poi è un giornale a grande tiratura, o una rete televisiva di vasto pubblico, è drammatico rinunciarci.

Contemporaneamente la coscienza critica del parapsico-logo fa sentire la sua voce. Lamenta il fatto che le iniziative serie sono rarissime e, di conseguenza, non ci si può appel-lare alla serietà di intenti della parapsicologia, di fronte ai suoi detrattori, per poi partecipare a parate folcloristiche che forni-rebbero ottimo materiale per la rubrica televisiva  “Blob”. Al-lora, che fare? Continuare a starsene isolati, aspettando che giungano proposte più serie e qualificanti? Inventarsene di proprie? Dedicarsi con maggiore impegno a ricerche con i mezzi a disposizione?

Alcune associazioni italiane hanno privilegiato queste ul-time possibilità. In particolare, il Centro Studi Parapsicologici di Bologna, il Centro Studi e Ricerche sulla Psicofisiologia degli Stati di Coscienza di Milano e, per quanto ha potuto, l’Associazione Italiana Scientifica di Metapsichica che, tra l’altro, pubblica questa rivista. Siamo in diversi ad avere ben presenti i limiti e le possibilità di questo tipo di studi nel nostro Paese. Le attività che simili associazioni possono realizzare non sono oggettivamente molte, ma sono una alternativa al nulla, e dovrebbero seguire, per quanto è possibile, uno stan-dard di qualità.

Una voce importante tra le attività delle associazioni para-psicologiche nel nostro Paese è rappresentata dalle pubbli-cazioni. Anche qui la regola non è generale e si sta verifi-cando quanto è avvenuto in altri campi dell’informazione. Certe pubblicazioni passano direttamente dalla buca delle lettere al cestino. Mentre manca una testata periodica - fatta eccezione per un paio di riviste - sostenuta da un adeguato apporto finanziario e da un qualificato corpo redazionale. E’ definitivamente tramontato il periodo dell’improvvisazione in questi studi. Una rivista deve essere fatta da chi ha compe-tenza nel campo dell’informazione e sa distinguere cosa possa essere di rilievo dal punto di vista pubblicistico. Nes-suna pubblicazione è indispensabile, a maggior ragione se non ha nulla da dire, o se lo dice male.

Può sembrare un paradosso il fatto che “Metapsichica” non esca con regolarità - fino al punto di non poter più essere de-finita una  “rivista” - ma i lavori apparsi su di essa siano tra i più citati in Italia e all’estero. Alla domanda: “Quando esce ‘Metapsichica’?” Rispondo sempre: “Quando ha i soldi e i contributi adatti per uscire”. Non ho alcun interesse a realiz-zare una pubblicazione parapsicologica che deve per forza uscire - dati i mezzi disponibili e l’inesistenza di una reda-zione. La strada alternativa è la sperimentazione, giornalisti-camente parlando, di cui i nostri lettori si saranno ben resi conto - se non  altro per la varietà delle copertine, variate di volta in volta.

Credo che l’AISM mi abbia capito in questo, anche se ho dovuto chiedere ai suoi rappresentanti - che pubblicamente ringrazio - un sovrappiù di pazienza e di fiducia.

Abbiamo realizzato quest’ultimo numero della rivista avvalendoci  anche del contributo di alcuni giovani ricercatori che hanno sviluppato le loro tesi di laurea nell’ambito dell’antropologia psicologica, in cui le conoscenze parapsico-logiche assumono il loro giusto risalto. Sono ancora una volta convinto che la strada da seguire sia questa, anche se fati-cosa e non immediatamente comprensibile da tutti.
 

Pierangelo Garzia



 

 

 

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