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2011.02.11 Pierangelo Garzia
Il cervello e come usarlo meglio

Il cervello e come usarlo meglio

E’ il miglior pc che si possa immaginare. Non ci abbandona mai. Salvo quando decidiamo di maltrattare il suo hard disk. Di scombussolate i suoi software e le sue application. In fondo ha pure bisogno di poco. E neppure di batterie o elettricità. Si modifica continuamente. E, tenendolo in esercizio, espande la sua memoria Di cosa stiamo parlando? Avete indovinato: del nostro cervello. Del nostro pc naturale. Che, anzi, è molto di più e molto di meglio di qualsiasi pc esistente.

Non passa giorno senza che vi sia notizia di qualche nuova scoperta sulla struttura del cervello e sul suo funzionamento. E tutto ciò avviene da almeno vent’anni, da quando si annunciò il “decennio del cervello”. Da allora gli studi e le tecniche di indagine si sono sempre più perfezionati, grazie anche all’avvento di strumenti diagnostici come la tomografia computerizzata (Tc), la risonanza magnetica (Rm) e la tomografia ad emissione di positroni (Pet). Ma perché siamo così interessati a sapere come funziona il cervello?

La risposta è semplice. Non c’è persona che, in qualche momento della vita, non vorrebbe cambiare qualcosa di se stessa. E non solo nel fisico, ma anche dal punto di vista mentale. Essere più brillante e spigliata. Avere più memoria. Conoscere le lingue. Gestire meglio le emozioni e il rapporto con gli altri. Parlare bene in pubblico. E mille altri aspetti del funzionamento psichico e dei nostri comportamenti. Spesso guardiamo alla nostra mente e al suo substrato anatomico, il cervello, come a macchine da potenziare, perfezionare, stimolare. Questo è il motivo del successo di manuali, riviste, corsi e giochi elettronici per “allenare” il cervello.

Alla base di tutto ciò c’è spesso una nozione che, per quanto seducente, è falsa: usiamo il 10 per cento delle capacità del nostro cervello. Da cui la logica considerazione: immaginate cosa potremmo fare se sviluppassimo, non dico quel 90 per cento inutilizzato, ma anche soltanto un 30 per cento in più. In realtà, ognuno di noi utilizza “tutto” il suo cervello. A meno che non sia danneggiato a seguito di malattie, incidenti o forme di intossicazione. Il problema quindi non è “quanto” cervello utilizziamo nella nostra vita ma, piuttosto, “come” lo utilizziamo. E questo è legato non solo alla nostra componente genetica ma all’influenza dell’ambiente in cui siamo cresciuti, siamo stati educati, abbiamo studiato. La stimolazione della mente del bambino, fin dai primi anni di vita, si dimostra sempre più determinate per il suo successivo sviluppo mentale.

Ma anche qui vi sono miti da sfatare, grazie alle conoscenze che psicologi e neuroscienziati accumulano di giorno in giorno. Per stimolare la mente del bambino, non è necessario sottoporlo a cose particolari e, diciamolo, spesso dettate dall’ambizione dei genitori di creare così un piccolo genio. Scorrazzare un bambino da un corso di nuoto a uno di musica, da una palestra per arti marziali al laboratorio linguistico, a volte è il modo migliore per farne un pargolo stressato e infelice. Gli studiosi notano che andando a studiare le biografie di personaggi famosi nella scienza o nell’arte, pur avendo essi condotto una infanzia del tutto normale, magari davanti alla tv, immersi nei fumetti o giocando semplicemente con gli amici, molti sono comunque diventati quello che sono oggi. Persino i tanto vituperati videogiochi, secondo le ricerche, se usati senza farne una mania, sono utili per stimolare la concentrazione, l’attenzione e la velocità di pensiero. Tanto che, alcune varianti, sono persino usate in campo neuropsicologico per la riabilitazione a seguito di danni cerebrali.

Siamo soliti pensare alle cose più strane per far funzionare meglio il nostro cervello, e meno alle attività più banali. Eppure, nel corso dei secoli, ci sono stati geni, grandi artisti, scienziati, pensatori, eccelsi scrittori, che poco o nulla sapevano delle scoperte attuali sul cervello. Cosa facevano, dunque, per farlo funzionare bene? Cose banali, probabilmente. Tra cui, alternare l’attività mentale con quella fisica. Non solo sport, ma anche semplici, lunghe passeggiate. Non a caso i filosofi greci erano definiti “peripatetici”: affrontavano i grandi temi del pensiero, camminando. Infatti, il cervello funziona meglio se non siamo sedentari. Per un semplice fatto, il cuore funziona meglio e, di conseguenza, arrivano più sangue e ossigeno al cervello. Il modo migliore per preservare il cervello dall’invecchiamento è quello di associare al lavoro mentale una attività fisica regolare. E non è necessario esagerare in palestra: sarebbero sufficienti anche trenta minuti di camminata di buon passo, più volte la settimana.

Questa rubrica vi aggiornerà su una serie di aspetti, come quelli che abbiamo accennato, nel multiforme universo delle scienze del cervello e della mente. Per vivere meglio. Ma pure per studiare, memorizzare e apprendere con più efficacia e minor fatica.

Pierangelo Garzia

Pierangelo Garzia è science writer e si occupa di tematiche relative alle neuroscienze. Ha collaborato e collabora con testate nazionali, tra cui “D La Repubblica delle donne”, “Le Scienze”, “Mente & Cervello”. Ha collaborato, sia per la rivista che per il portale internet, con “Psychologies” del gruppo Hachette e con il Sole24ore.com. Sugli intrecci tra cultura e scienze del cervello, collabora con la rivista internazionale “Cartier Art Dossier”. E’ coautore di “La memoria emotiva” e “Il grande libro della memoria” (entrambi editi da Sperling & Kupfer). E’ responsabile dell’Ufficio Stampa e Comunicazione dell’Irccs Istituto Auxologico Italiano, centro di cura e ricerca medica di rilievo europeo.

Fonte: http://www.bresciadomani.net/?p=6121



 

 

 

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