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Associazione Italiana Scientifica di Metapsichica (A.I.S.M.) |
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LEZIONE 4. TELEPATIA. Parte seconda |
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 |  | PARAPSICOLOGIA 4 | LEZIONE 4. TELEPATIA. Parte seconda | | |
|  | | | (Appunti di un corso tenuto dalla prof. Viviana Vivarelli)
La sincronizzazione è un segno di analogia e ci dice che possiamo essere tutti uno. Due eventi, secondo Jung, si dicono sincronici quando si incontrano come portatori simbolici di uno stesso significato, ma uno è interiore, l’altro esteriore; uno sta nella psiche, l’altro nella natura; uno sta dentro di noi e l’altro fuori di noi. In una visione analogica del reale tutto si corrisponde, il simile cerca il simile. Come in un diapason note di uguale altezza si richiamano, così in un mondo analogico, energie di uguale vibrazione si riconoscono e si ritrovano in un universo comune, come isobare di significato.
La relazione non è più per contiguità o causa, come nella fisica deterministica, ma per simiglianza energetica, come riuscì ad intuire l’alchimia. Una visione analogica è sincretica, secondo una modulazione qualitativa. E questo non ha a che fare con la statistica che misura i dati quantitativi del mondo, ma piuttosto con l’arte che pone il simbolo nella forma. La mente non solo comunica ma manda anche potenti suggestioni. Praticamente basta stare in gruppo tutti in silenzio rilassati per qualche minuto per avere una sincronizzazione delle onde mentali del 60%. Questa scatta, per motivi a noi ignoti, al 31° minuto ed è facilmente verificabile dal tracciato di elettrodi connessi alla testa. In una coppia affettiva si arriva al 90% della sintonizzazione. In tale situazione si possono avere eventi telepatici. La sincronizzazione è l’indicatore di una unità energetica e nulla unisce le energie quanto.agire insieme o provare sentimenti ed emozioni insieme. A volte queste connessioni si producono per il semplice fatto di entrare in stato alfa, cioè con basse onde mentali, stato in cui le onde cerebrali hanno una frequenza compresa tra i 7 e i 14 cicli al secondo, il cosiddetto stato di rilassamento.
Per tre volte, ho fatto le vacanze in un villaggio turistico in Calabria. C’era un ragazzo di Milano che ci insegnava yoga. Si chiama Flavio. Molto giovane, sembrava un indiano, magro, scuro, con la barba lunga nera, grandissimi e bellissimi occhi neri cerchiati, come un guru. Parlava pochissimo, non ci insegnava uno yoga tradizionale, ma col suo rilassamento avvenivano facilmente delle modificazione di coscienza. Flavio prese a volermi bene e voleva insegnarmi a sentire l’energia. Me la fece anche sentire fisicamente, come due palle calda e fredda nelle mani, tanto fisicamente che non potevo accostare i palmi. Fu da allora che presi a sentire la mano destra come calda e irradiante, rossa, e la mano sinistra come fredda e attirante, blu, come le due parti di un circuito energetico Facevamo gli esercizi yoga due volte al giorno in cima a una piccola collina, in mezzo all’erba e ai fiori, in una piattaforma ampia ombreggiata da una tettoia di canne, con sotto di noi lo spettacolo del bellissimo mare di Capo Vaticano. L’atmosfera era perfetta. Dopo le respirazione e gli esercizi di asana, Flavio ci portava a un rilassamento molto profondo. Durante questo rilassamento si verificavano con grande facilità fenomeni telepatici. Preciso che, mentre io stavo al villaggio tre settimane ogni volta, il gruppo cambiava spesso, perché i turisti avevano in genere permanenze di una settimana, e c’era dunque molta variazione di persone. Così in genere non conoscevo i partecipanti della giornata. Una volta vidi arrivare una signora che mi parve attempata e che catalogai come una zitella senza figli. Ma nel rilassamento la vidi trasfigurata, portava una vestina di teletta leggera bianca e trasparente, con un gran pancione da mamma in attesa, era immersa per metà nell’acqua azzurra del mare e perfettamente felice. Alla fine del rilassamento, Flavio ci faceva dire cosa avevamo visto, ma io non dissi nulla del mio sogno perché mi imbarazzava dire a una zitella che l’avevo vista incinta. Ma quando ci accomiatammo e cominciammo a scendere il sentierino che ci riportava al villaggio, lei mi venne vicino sorridendo e disse. “Tu hai visto me, vero?”. Allora io un po’ cautamente raccontai che l’avevo vista, ma con una gran pancia da puerpera. E lei ridendo, mi disse, che era sposata e fino a tarda età aveva sperato in un figlio e, quando ormai aveva perso ogni speranza, ecco che le era nato un bellissimo bambino e lei ne era enormemente orgogliosa. In effetti vidi poi questo magnifico bambino robustissimo, di pochi mesi, che sembrava un ercolino e che il papà si portava a cavalcioni delle spalle affinché tutti lo ammirassero. Notare: lei era stata sicura che io l’avevo visualizzata, anche se non ci eravamo nemmeno parlate. Io avevo visto con la vera mente ciò che la mia coscienza lucida non era riuscita a vedere. Ma la storia ha anche un suo significato misterioso. All’epoca, io iniziavo una difficile menopausa, ero angosciata, mi sembrava che con la menopausa la mia capacità di generare nella vita fosse del tutto compromessa. La visione telepatica veniva a dirmi: non si è mai troppo vecchi per generare vita. Tu come lei”.
Sempre a proposito di telepatia, c’è un altro episodio che non riguardò me ma uno strano ragazzo che arrivò un giorno. Piccolo e tosto, bruno con occhi scurissimi, mi fece subito una forte impressione, sguardo magnetico, grande forza vitale. Come mi sdraiai sulla stuoia, cominciai a star male, cadevo da tutte le parti in preda alle vertigini, e non dipendeva dal posto perché mi mettevo sempre nello stesso punto. Flavio, che vede tutto, dice a me e a lui che ci scambiamo, io sto subito meglio, l’altro dice di provare un grande malessere. Ci rilassiamo e io vedo il nuovo arrivato che cammina in cima a una grande processione di uomini vestiti di bianco, su per una strada di montagna, in un posto senz’alberi, rossastro, con pietre e terra rossa, un gran sole caldo e cielo blu. Sopra di lui splende un drappo lungo con simboli cristiani, lui cammina esaltato guidando la processione come fosse un santo. Quando racconto il sogno, lui ride e dice che fa parte di una setta religiosa, i pentecostali.
La volta dopo è lui a raccontare. Si riprende dalla visualizzazione ed è molto agitato, ha visto una montagna, il cielo è scuro come per una tempesta, sente un grandissimo rombo, sta succedendo qualcosa di terribile; nella visione corre giù per il sentiero della montagna e vede che sui bordi ci sono lunghe strisce rosse di pericolo che il vento fa volare. Il ragazzo racconta il suo sogno tremando, è pallidissimo, sta male. Restiamo male anche noi. Scendiamo al villaggio in silenzio e, quando arriviamo, ci dicono che sono arrivare notizie per radio: è crollata la diga di Stava.
AFFINITA’ KARMICHE
Qualche volta sembra che il messaggio abbia una base kahrmica. Dopotutto anche le analogie kahrmiche potrebbero rientrare nell’analogia energetica. Siamo simili in tante cose, a volte nelle emozioni e negli affetti, a volte nelle storie. Ci sono molti modi per essere uno.
Una volta venne da me una signorina laureata in legge, aveva avuto una relazione molto tempo prima con un ragazzo di Ferrara, poi si erano persi di vista. Ora accadeva che, quando questo ragazzo aveva qualche problema, lei lo sognava. Così aveva sognato quando gli era morto il padre, quando aveva avuto un brutto incidente con la macchina, quando era finito in ospedale per una malattia, aveva sognato anche che stava con un’altra ragazza ed era alla vigilia del matrimonio ma litigava con lei e la lasciava. Ogni volta che aveva uno di questi sogni, al mattino telefonava a questo ragazzo e aveva conferma che il sogno rivelava qualcosa di vero. Queste sequenze la turbavano molto, da una parte le sembrava che, se c’era un legame così forte con lui, forse voleva dire che aveva fatto male a lasciarlo, forse avrebbero dovuto sposarlo, però da un’altra parte le sembrava che questo non andasse bene, del resto si erano lasciati proprio perché sentivano il loro rapporto come qualcosa di inopportuno. Io le dissi che forse era un incontro kahrmico, forse in un’altra vita lei era stata sua madre e le era rimasto il cordone ombelicale innestato, quel tipico rapporto telepatico, assolutamente inspiegabile, per cui una madre sente se il proprio figlio è in pericolo ovunque esso sia, ma era un rapporto kahrmico, esso li attraeva come attrae chi sente di essersi conosciuto da sempre. Lei diceva: “Mi sembra di averlo sempre conosciuto! Lui è stato parte di me, ma non capisco in che modo!” Gli incontri kahrmici sono così, con questa impressione di deja vu o di reciproca appartenenza, come se le nostre energie si fosse mescolate in un altro tempo lasciando una confusa memoria. Ma questi legami non possono condurre a un matrimonio, questo sarà difficoltoso o fallirà, perché ogni vita va vissuta nel suo presente e guardando avanti, non può partire da antiche storie perdute e rinnovare il passato. Così le dissi che, se era un legame karhmico, a maggior ragione non avrebbe dovuto finire in un matrimonio e doveva lasciarlo andare.
Del resto la prima volta che io ho visto mio marito, che era un ragazzone di 14 anni, molto alto e biondissimo, l’ho visto come una ragazzona bionda un po’ florida, con le tette. Non è stata una visualizzazione interiore, ma proprio un flash esterno, così violento e rapido che ci sono rimasta male. Prima era una ragazza bionda con le tette, poi era un giocatore di pallacanestro. Ogni tanto, parlando di lui, mi sbaglio e dico: Mia sorella.. quando mi va bene, dico : Mio fratello…ma ‘mia sorella’ sento che sarebbe più esatto. Per 15 anni gli ho detto che non potevo sposarlo perché pensavo a lui come a un fratello, poi, un febbraio, ho avuto un momento di distrazione e ho ceduto. Qualche volta penso ancora che lui fosse una mia sorella maggiore che mi ha fatto da mamma, forte e sicura, molto protettiva, un po’ brontolona, un po’ come è lui. Io sono viva adesso grazie a lui, come forse un tempo sono stata viva grazie a una sorella. Il rapporto di protezione e accadimento è continuato su due vite successive ma in vesti diverse.
Chissà se la telepatia funziona non solo per i pensieri, le immagini mentali di questa vita, di questo momento, oppure se raccoglie sprazzi e spezzoni di altre vite che non ci appartengono più a livello consapevole, ma in qualche modo fanno parte di un percorso più ampio incistato dentro di noi a livelli più profondi e a volte la nostra mente profonda comunica anche con quelli. La telepatia è un fenomeno molto ampio di comunicazione tra menti. Ciò fa ipotizzare un piano esistenziale quasi organico dove le parti sono in contatto telepatico tra loro, qualcosa che va oltre il conosciuto e oltrepassa il tempo e lo spazio e le normali relazioni ordinarie.
ATTI TELEPATICI TRA PAZIENTE E MEDICO
Possiamo definire la telepatia un flash di consapevolezza comune tra soggetti che sono lontani e che per qualche istante sono uno e partecipano di una stessa informazione: una sintonizzazione su uno stesso contenuto mentale-. Non solo le madri si svegliano la notte quando il piccolino sta male, o sognano eventi traumatici che riguardano i figli di qualsiasi età nel momento in cui tali eventi si presentano, ma i rapporti telepatici possono attivarsi anche tra persone che forse in altre vite sono state molto legate affettivamente o che hanno avuto esperienze simili o tra persone che compiono insieme in questa vita uno stesso percorso personale, come maestro e allievo, medico e paziente… E’ tipico il caso dello psicoanalista che diventa telepatico col suo paziente. Jung che era un sensitivo, racconta molti di questi casi. Il rapporto del paziente con l’analista è molto particolare, è un rapporto tra anime, inconscio, diverso, in genere, da quello che ci lega al medico ordinario, con un coinvolgimento da inconscio a inconscio che mescola le loro energie profonde.
Una volta Jung ebbe un paziente depresso la cui moglie era molto gelosa, tanto che a un certo punto costrinse il marito a interrompere l’analisi. Passò del tempo. Una sera Jung era in un albergo e si sentì molto agitato; quando alla fine prese sonno venne svegliato da un grosso colpo secco, si alzò per vedere ma non c’era nessuno alla porta, tornò a letto con un dolore acutissimo alla testa e restò agitato tutta la notte. Al mattino un telegramma lo avvisò che il suo paziente si era tolto la vita quella notte con un colpo di pistola alla testa.
Tra analista e paziente i casi di telepatia sono frequentissimi. Ma anche massaggiatori, terapeuti del corpo ecc., se sono sensitivi, possono cogliere dei flash mentali relativi alla vita del paziente, che intervengono nel corso della terapia. (Donatella ha spesso queste situazioni che sembrano risalire alla causa di questi disturbi).
Una cosa molto semplice è accaduta poco tempo fa in modo del tutto casuale durante un laboratorio di psicologia. L’esercizio consisteva in questo, le persone erano messe a coppie, una seduta l’altra in piedi alle sue spalle dietro la sedia, con le mani sulle sue spalle. Entrambe si dovevano rilassare e dovevano visualizzare liberamente una scena naturale. Alla fine ognuno ha raccontato quello che ha visto, e ha descritto la propria scena, che poteva essere un mare rosso al tramonto in un giorno invernale oppure un deserto con due palme alle sei di mattina leggermente verdognolo… i paesaggi sono infiniti, ma la cosa curiosa è che ognuna delle coppie casuali, per di più formata da due persone che non si conoscevano, aveva visualizzato la stessa scena, come se si fosse creato un legame telepatico spontaneo. Quindi le narrazioni erano accompagnate da grande sorpresa, uno diceva: “Ma c’era quella casetta bassa a destra? E la strada l’hai vista?” ecc. Molto divertente, anche se non voluto.
In senso stretto la telepatia riguarda un significato che dalla mente di un soggetto affiora alla mente di un altro. In senso più ampio può intendersi come una situazione molto ampia che comprende tutti i fenomeni della chiaroveggenza, comprese premonizioni e postcognizioni, cioè una conoscenza di informazioni che non solo appartengono a luoghi diversi ma anche a tempi sfalsati rispetto a quello in cui appaiono. La telepatia comprende gran parte dei fenomeni paranormali, è il fenomeno paranormale per eccellenza.
Jung aveva spesso fenomeni di premonizione. A volte un sogno lo avvertiva del paziente che sarebbe venuto il giorno dopo e che Jung ancora non conosceva dandogli delle dritte.
Una volta Jung sognò che sarebbe venuta una giovane e una voce nel sogno gli diceva “Chiedile di suo nonno!”. Il giorno dopo venne da Jung una giovane donna molto agitata, era la figlia di un banchiere svizzero e aveva ricalcato le orme del padre mettendosi su una forte carriera economica. Jung cercò di farle delle domande ma la causa della sua tensione non appariva da nessuna parte, quando si ricordò del sogno e le chiese del nonno. La ragazzo si turbò sensibilmente. Lei e suo padre si erano occupati della parte economica e materiale della vita, ed erano razionali e lucrativi, ma il nonno paterno era stato un rabbino, rappresentava dunque la spiritualità, una energia che padre e figlia avevano ucciso dentro di sé, e il malessere attuale, secondo Jung, dipendeva proprio nella figlia dall’aver dimenticato la sua anima. Questa spiegazione gli piacque moltissimo, del resto ogni analista è orientato verso un tipo di spiegazione preferenziale. Freud vedeva dappertutto nevrosi sessuali, Jung vedeva ovunque carenze spirituali.
AURA E IMMEDESIMAZIONE
La capacità di sentire telepaticamente l’altro può anche essere chiamato intuizione, ma oltrepassa la spiegazione psicologica arrivando a livelli molto sottili e inesplicabili. Gli Indiani e gli esoteristi dicono che sulla corteccia della nostra aura, cioè sulla parte esterna del nostro guscio energetico, del nostro campo di energia totale, si addensano i sensi di questa vita mescolandosi a quelli delle vite precedenti. I maestri di saggezza riescono a volte a leggere queste immagini e ad averne una guida nella comprensione della persona. Nella telepatia è come se questi contenuti affiorassero direttamente nella mente di un altro soggetto, come se ci fosse una confusione delle due parti auriche. Nel guscio aurico però non ci sono solo le tracce del nostro presente e a volte del nostro antico futuro, ma ci sono anche le tracce di quello che ancora non è successo, dei nostri possibili futuri. Presente, passato e futuro non sono distinti ma contemporanei e il lettore esterno può vederli tutti insieme, non li vede però tutti, ne vede come dei flash, delle tracce rapide, dei riflessi. Insomma è come essere l’altro nella sua parte essenziale che nemmeno è visibile a lui stesso. I contenuti possono essere ‘visti, o addirittura raccontati come un romanzo, possono essere attivati in una forma narrativa che a poco a poco dispiega tutta una vita. Ed è questo che per 29 io anni io facevo, leggevo all’altro a me ignoto questa sua parte dove passato, presente e possibili futuri mi erano visibili.
Quando Jung era un ragazzo, si trovò una volta a un matrimonio, seduto davanti a un estraneo, nel discorrere cominciò a fare un esempio, in questo esempio inventò un personaggio e a poco a poco lo tratteggiò e ne descrisse una storia immaginaria. Via via che andava avanti nel suo romanzo, vide che l’altro diventava sempre più pallido e che i vicini cominciavano ad ascoltarli in un silenzio sempre più imbarazzato. Alla fine l’uomo disse a Jung: “Tu hai raccontato tutta la mia vita”.
Nei miei incontri individuali, per 29 anni, quando qualcuno veniva a trovarmi, avveniva questo, io non volevo che mi dicesse nulla di sé e cominciavo a dipanare una storia, una vita, così come la mia mente la vedeva e costruiva, come fosse la trama di un romanzo, ma la cosa che costruivo era una vita, la persona che ho davanti. Io parlavo di lei come se costruissi un’opera d’arte, un quadro, un racconto. Dunque la mia non era divinazione ma telepatia romanzata, non era una mantica ma un’arte, l’arte di vedere un uomo nella sua interezza paratemporale, e per questa mia capacità la gente veniva da me da ogni parte d’Italia: per sentirsi raccontare. Però la cosa non funzionava al cento per cento, anche se i successi erano altissimi, a volte occorreva un rapporto particolare tra me e l’altro, occorreva che ci fosse nella sua vita qualcosa di simile alla mia, una energia simile che mi corrispondeva. Poteva accadere qualche rara volta che incontrassi una energia troppo diversa dalla mia e provassi una sensazione di vuoto, in cui il collegamento non scattava, occorreva una affinità energetica, così che potessi sentirmi l’altro dentro, e parlassi di lui come se parlassi di me. Qualche volta questa immedesimazione era così forte da essere anche fisica. Se l’altro aveva male a un ginocchio, io sentivo male a un ginocchio. Se aveva voglia di scappare, i miei piedi erano agitati. Se era molto stanca, sentivo la sua pesantezza. Era una simbiosi spontanea. Ma non potevo averla se la persona era lontana, se mi portavano solo un nome o una lettera. Mi occorreva la vicinanza fisica e se l’energia dell’altro era troppo diversa dalla mia era come se non mi sintonizzassi, o mi sentissi invasa, provavo freddo, o una specie di disagio da estraneità.
Certo la telepatia è favorita dall’essere parenti, consanguinei, amici, dal volersi bene, ma anche dall’avere l’un l’altro una particolare sintonia energetica, dall’essere simili o addirittura gemelli, e, forse, dall’essere stati intimi in un’altra vita, o dall’aver provato esperienze simili. Ed è particolarmente significativa quando passano emozioni forti, relative a eventi tragici, pericolo di morte o morte reale. Ma se le cose stanno così, allora come è possibile testare la telepatia in laboratorio, prendendo persone che non si conoscono e cercando di far passare anonimi simboli grafici in una sequenza ripetitiva e anonima? Non sarà che la scienza, a forza di raffreddare tutto e a ridurlo a misura meccanica, perda di vista proprio l’essenza della vita?
TECNICA
Vediamo meglio le modalità tecniche che favoriscono l’atto telepatico. Io so che meno faccio per avere il contatto meglio è, le cose non dipendono dalla mia volontà, anzi è meglio che io sia un po’ distratta, che non guardi la persona in faccia, che parli del tempo o di cose neutre, che perda tempo a preparare il thè o i biscotti. Le cose vengono se te le disinteressi, se fai atti automatici, apparentemente dispersivi. Nella telepatia non ci deve essere focalizzazione, perché è la mente consapevole che si focalizza, ma non è il canale consapevole che porta il messaggio, ma un altro canale che la volontà o l’attenzione ingombrano, impendendo la comunicazione. Fare cose secondarie, esattamente come avviene nel rito, devia l’attenzione e la volontà, le distacca in un fuori che lascia pulito e aperto il canale interiore. E’ come se si dovesse tenere occupata la mente razionale o pratica in cose che stanno fuori della casa e così l’ospite può scivolare inavvertito. La volontà, la focalizzazione, la tensione, il desiderio, sono guardiani che chiudono la porta. I messaggi arrivano spesso immediati se non sei concentrata affatto nella tua mente ma fai qualcosa di meccanico e di non importante fuori, verso l’esterno. Va benissimo lavare i piatti, spazzare, camminare, apparecchiare una tavola, compiere un atto automatico e ripetitivo, come va bene un mantra o una preghiera ripetuta. La mente razionale si applica e si distrae e il canale interiore resta aperto e ricettivo. Se volete fare telepatia la prima cosa da imparare è non sforzarvi, non direzionarvi. Occorre restare leggeri, noncuranti, svagati, con un lieve distacco. Fare senza fare. Quasi non far caso. Il pensiero telepatico arriva di lato come un pirata. E’ assolutamente controindicato cercare di avere un risultato, tendere a uno scopo, avere un’attesa. Il pensiero telepatico è un nomade, un avventuriero, una spia, entra di soppiatto quando i soldati di guardia sono disattenti e si occupano di altre cose. Passa inosservato, nel lato dello sguardo. E’ quando non guardi che vedi. Fissare, volere, desiderare, aspettare.. è come avere il paraocchi, si perde la cosa che scivola di lato. E’ quello che Castaneda chiama ‘l’intento’. Dunque la prima cosa è ingannare la mente razionale, quella che vuole dominare tutto, spadroneggiare e possedere tutto. Il pensiero telepatico è una burla, un errore, una svista E’ l’ingannevole Mercurio, rapido come un flusso spiraliforme, con le ali ai piedi, che inganna i trabocchetti del controllo mentale e collega il noto all’ignoto, il visibile all’invisibile. Telepatia vuol dire ‘sentire qualcosa che viene da lontano’. E’ un sentire più che un capire. In essa si realizza un atomo di simbiosi, per quella unità che in luogo delle differenze e delle distinzioni, dovrebbe costituire l’essenza metafisica dell’universo. Noi non siamo molti ma uno e dunque sappiamo tutto di quell’uno, ma la mente sinistra ha deciso di vivere separando e sezionando e allontanando una realtà dall’altra come inconoscibili. C’è del religioso nell’atto telepatico, c’è l’intuizione di una storia che è tutte le storie, di una essenza comune che è tutte le essenze, di una possibilità di capire l’altro sentendolo in se stesso, non più energia frammentata e divisa ma miracolosamente unita e individua. Noi siamo uno, io sono te, io, in qualche piccolissima cosa, sento quello che tu senti, entro nella tua pelle, vedo con i tuoi occhi e nello stesso tempo sono qualcosa di diverso dalla tua coscienza storica, dalla tua esistenza personale. “Ci sono due uccelli”, dicono i testi sacri indiani, “uno canta, vola, cammina, l’altro sta sull’albero a guardare”. Io sono te ma insieme io sono quello che ti vede dall’albero, un poco diverso da te, un poco distaccato e infinitamente più antico. Qualche volta, per ingannare la sinistra mente pensante che invade pervasivamente tutto il mio piano mentale e chiude la possibilità di avere altri messaggi, va bene essere malati, avere una forte febbre che dia una bella mazzata all’emisfero razionale e lo metta fuori gioco, un bello stato di disagio fisiologico, un’indigestione, uno stress, una faticata. I Druidi celti facevano una bella indigestione di pezzi di cane crudo. Allora la mente sinistra stacca esausta, e abbandona il campo e allora, mirabilmente, il canale si apre e i messaggi passano.
Quando dite ‘telepatia’ intendete solitamente il passaggio di pensieri che vanno da un piano umano a un piano umano e se così non fosse? Se si potesse avere un rapporto telepatico con altri piani di pensiero, pietre per es., cristalli, piante, gatti, o addirittura piani mentali i cui portatori ci sono assolutamente invisibili? Angeli? Esseri non umani? Anche un’apparizione mariana potrebbe essere una comunicazione telepatica. Un’allucinazione visiva. Sappiamo così poco della nostra mente e dei suoi poteri che molte cose inverosimili potrebbero essere possibili. Le onde di informazione sono come quelle di una radio, di un televisore, passano non viste nell’etere, ma sono colte e rese visibili da uno strumento che riesce a captarle e a tradurle in stimoli sensoriali. Noi viviamo in un piccolo spettro che coglie una parte infinitesima di universo, cieco e sordo e muto a tutto l’altrove, che scorre indisturbato fuori dalla nostra banda ricettiva. Però, a tratti, improvvisamente, qualcosa viene captato, è percepito, ci stupisce o ci spaventa, come il cavallo coi paraocchi che coglie improvvisamente il barbaglio di un albero ignoto che passa alla sua destra e si impenna. L’essere è ciò che sta nella banda, il non essere ci sfiora inosservato e quando ciò accade il mondo si capovolge come la mosca di Moebius che si trova improvvisamente a camminare a testa in giù sulla controbanda del suo percorso ordinario. La straordinarietà del reale allora ci assale e la telepatia non è che un senso straordinario che ci fa intuire altre possibilità di lettura dell’universo e dell’essere. E dunque cosa sono io, uomo? E cosa potrei essere se queste condizioni non mi intrappolassero in un gioco già giocato, costringendomi in condizioni ormai fisse di conoscenza? Quando viene la febbre, il collasso della pressione, la caduta dei globuli, la nausea del vivere, il trauma del ricordo, la cessione del sentimento… il sistema si rallenta, perde pezzi di affidabilità, non si tiene più insieme, i soldati mollano la guardia, la truppa si scompagina, le difese crepano, e l’ignoto si insedia. Lo stesso quando siamo in lutto, quando viene il dolore, quando stiamo male, quando ridiamo insieme, quando ci innamoriamo. La cittadella, allora, viene invasa insensibilmente e la mente si accorge con orrore che sono entrati pensieri invasivi esterni, nomadi e zingari non riconosciuti, extracomunitari, alieni… La mente perde allora la sua capacità di sintesi e di strutturazione e può solo stare insensibilmente a guardare. La censura è morta, il contenuto inaccettato è dentro la piazza. Si può essere addormentati oppure semplicemente la cosa accade in stato di veglia. Sono molto eccitata. Ho immagini che non so dove situare. Se chiudo gli occhi vedo persone così viventi, che non sembrano nemmeno allucinazioni o immagini. Apro gli occhi in fretta perché queste visioni sono eccessivamente reali e mi turbano. Il vivente è una specie di calore caldo e rossastro, come una sensitività che emana dai corpi, morbosa e difficilmente sostenibile. Queste immagini mi turbano grandemente per la loro intensità. Sono normali scene di interni: persone sedute attorno alla tavola che mangiano sotto una lampada serale… ma è come se le vedessi con infrarossi, così vive, quasi brulicanti di vita, che mi fanno stare male come se facessi una infrazione. Non guardo la vita normalmente, vedo ‘il vivente’ come fosse un qualità, un modo di essere, come se penetrassi la vita per vie illecite e la spiassi da una percezione non umana, è qualcosa di proibito e perturbante.
Fonte: masadaweb.org
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